Se ancora non hai sentito parlare di Digital Experience Platform (in sigla, DXP) non preoccuparti: arriverà molto presto il momento in cui la sentirai nominare. Molto spesso, e lo faccio anche io, tendiamo ad considerare questi nuovi termini tecnici come semplici etichette create ad-hoc per ingigantire un concetto semplice e scontato.
In parte, te lo dico in modo molto chiaro, è così anche per le DXP. Dall’altra parte, un’etichetta che si addice bene al tipo di tecnologia di cui stiamo parlando può aiutarci a capire meglio di cosa stiamo parlando. Prima di giudicare il concetto come semplice parolone da markettaro, lascia che ti introduca al concetto della Digital Experience Platform.
Come suggerisce il nome stesso, si tratta di una piattaforma che ha come obiettivo quello di razionalizzare ed ottimizzare la user journey di un utente che compie un percorso all’interno delle tue diverse properties digitali. Troppo formale? È un sistema unico che puoi utilizzare per gestire l’esperienza del tuo utente su ogni tuo prodotto digitale.
Che tu abbia uno o più siti web, applicazioni mobile, e-commerce, store fisici, applicazioni per smartwatch, smart TV, automobili, dispositivi IoT, ecc. (potrei continuare per ore) una DXP è l’unico punto di accesso da cui puoi controllare l’esperienza utente che si muove in modo rapido e fluido da un device all’altro.
Il successo delle DXP è destinato ad aumentare sempre più per svariati motivi. Il primo in assoluto è che, al giorno d’oggi, il tuo utente pretende un’esperienza di altissimo livello e coerente con il tuo brand per design, tono di voce e contenuti, a prescindere da quale strumento stia utilizzando, che sia uno smartwatch o un touch-screen in un centro commerciale.
Passando ad un livello più concreto: come si presenta esattamente una Digital Experience Platform? Diciamo che concettualmente le strade sono due. O si cerca una piattaforma singola (monolitica), che non si può suddividere in parti più piccole e che si prenda cura di tutti gli aspetti importanti per te e per la tua azienda, oppure si assembla una piattaforma più flessibile e che si adatti all’evoluzione del mondo tech, composta dall’unione di più servizi integrati fra loro con una logica a micro-servizi. Qual è la strada migliore fra queste due?
Come sempre, la risposta corretta è “dipende dagli obiettivi di business dell’azienda che deve adottare il sistema”. Secondo il mio punto di vista, una soluzione flessibile e composta da diverse soluzioni è la più funzionale, perché consente facilmente di aggiungere o sostituire moduli per integrare nuove funzionalità. Tema da non trascurare: una piattaforma a micro-servizi è anche future-proof. Quindi, da questo punto in avanti, quando parlerò di una DXP, mi riferirò a questa versione, quella flessibile che integra più micro-servizi.
“Sì, va bene, abbiamo capito. Ma ci spieghi per piacere quali vantaggi avrei se usassi una Digital Experience Platform?”. Bene, scendo un po’ più nel dettaglio.
Sicuramente hai già più di una buona idea riguardo i vantaggi che potresti trarre dal mettere insieme una DXP che coordini le tue properties digitali. Gli aspetti positivi sono molteplici e toccano molti diversi ambiti aziendali. Vediamo almeno i tre principali.
Il tema è già stato discusso nel paragrafo precedente, ma penso sia importante ribadirlo. I tempi in cui sostituire il software aziendale richiedeva mesi e rischiava di far crollare decine di anni di architetture monolitiche e arcaiche sono finiti. Una moderna DXP, costruita con il principio dei micro-servizi, ti consente di aggiungere, rimuovere, sostituire ogni pezzo del puzzle senza distruggere le funzionalità dell’ecosistema.
Ancora meglio, il fatto che tutti i pezzi siano connessi in modo flessibile, ti consente di creare una piattaforma che è già proiettata verso il futuro. Se venisse rilasciato un nuovo strumento per gestire le consegne con i droni di Amazon o un nuovo algoritmo di AI in grado di predire che tipologia di contenuto il tuo cliente vuole leggere in ogni momento della giornata, potresti semplicemente connettere i nuovi moduli senza dover buttare via tutto ciò che hai costruito fino a quel momento. Ecco perché questo tipo di architettura viene definita future-proof.
È un tema ampio, ma vorrei ampliarlo ancora un po’ ed infilarci la personalizzazione. Mi perdonerai, lo so. In ogni caso, una DXP ben costruita ha come scopo principale quello di agire come filo conduttore che unisce tutte le property digitali dell’azienda (incluse quelle che ancora non esistono e possono essere aggiunte in futuro). Distribuendo tutto il contenuto da un unico hub, è più facile creare un’esperienza omnichannel fluida e coerente.
Perché ti dicevo della personalizzazione? Personalizzare il contenuto in base alle preferenze e al comportamento degli utenti diventa sempre più importante per offrire loro un’esperienza più piacevole e coinvolgente. Anche in questo caso, avere un CMS unico che comunichi con il CRM diventa importantissimo per servire contenuti in modo dinamico e personalizzato in base al visitatore, ai suoi comportamenti, al device con cui si sta interfacciando, ecc.
Infine, uno dei punti più importanti, che si allaccia al discorso della personalizzazione che ho appena affrontato. Come si può costruire un’esperienza dinamica e personalizzata senza avere la possibilità di raccogliere dati ed analizzarli in modo efficace e continuativo? Ecco perché una DXP moderna e ben costruita può fare la differenza.
Integrando tutte le properties digitali e creando un apposito layer che raccolga tutti i dati necessari da ogni piattaforma si riesce a creare una macchina inarrestabile che raccoglie dati, li analizza, li utilizza per migliorare l’esperienza utente e fornisce ai decision maker gli strumenti per creare esperienze sempre più in linea con le abitudini dell’utente, sempre più complessa e, al contempo, sempre più invisibile agli occhi dell’utilizzatore finale.
Ma come si realizza tutto questo? Come si costruisce una DXP di successo?
Partiamo con il concetto base: non esiste una configurazione base di una Digital Experience Platform. Non esiste un limite di moduli, servizi, integrazioni, né minimo né massimo. Immagino tu abbia già capito che non è così facile parlartene in modo chiaro, perché non ha una forma ben definita (che è in realtà il suo più grande pregio).
Le due grandi macro-categorie che compongono una DXP sono la parte di gestione contenuto (CMS) e la parte di gestione dell’esperienza (Engagement Platform). La struttura a micro-servizi rende flessibile e potenzialmente infinito il numero di moduli che si possono unire per creare la DXP perfetta. Esistono dei moduli che sono imprescindibili (o quasi) per una DXP di successo? Provo ad indicarne qualcuno.
Il CMS, nella sua versione più moderna e flessibile (detta CMS Headless), è il cuore pulsante della DXP. Da qui, i vari professionisti che collaborano per creare una esperienza cliente omnicanale di valore possono creare, pubblicare, tradurre, modificare tutti i contenuti distribuiti sulle varie piattaforme.
Un moderno CMS Headless offre il contenuto via API a qualsiasi prodotto digitale connesso, in modo facile e veloce. Anche se dovessi avere decine di siti, app e altri dispositivi, avrai una sola piattaforma che servirà tutti. Ridurrai così in pochissimo tempo il numero di piattaforme su cui lavori ogni giorno, creando una fonte unica ed autorevole da distribuire tutti i contenuti sui tuoi prodotti digitali.
Ti parlerò più in dettaglio di cosa sia un CMS Headless e del perché sia un perno così importante di una DXP di successo. Ma se io creo un contenuto e lo invio a tutti, come posso creare un’esperienza personalizzata e coinvolgente per l’utente?
La risposta è il CRM. Sicuramente ne avrai sentito parlare, magari nella sua più antica accezione: la versione digitalizzata del tuo rolodex. Anche se il concetto può avere alcune affinità, il nuovo compito del CRM è diventato via via più ampio ed importante.
Una buona piattaforma di Customer Relationship Management è in grado di monitorare l’utente lungo tutto il suo percorso attraverso le tue properties digitali. Il CRM sarà in grado di sapere da dove arriva l’utente, su che piattaforma atterra e tutta la sua journey, step by step. Inoltre, sarà incaricato di raccogliere tutte le preferenze e i comportamenti dell’utente e conservarli per essere poi utilizzati per personalizzare la sua esperienza e renderla unica.
Che lingua ha scelto l’utente? Vuole vedere i prezzi in Euro o Dollari? Quale contenuto ha portato l’utente sul tuo sito? Attraverso quale link ha trovato e scaricato l’app? In che fasce orarie predilige l’uso del tablet piuttosto che del pc? Quale tipologia di contenuto consuma di più in base al giorno della settimana o all’ora del giorno?
Ma la vera domanda è: ora che so tutte queste cose, cosa ci faccio?
I dati intercettati dal CRM vengono convogliati in un’ecosistema che permette all’utente di raccogliere, organizzare, interpretare ed utilizzare questa mole di informazioni. Comprimere questo concetto in una singola entità, la Data Analytics Platform appunto, è estremamente riduttivo. O meglio, devi essere consapevole del fatto che una DAP è formata da tanti moduli che possono essere integrati e connessi fra loro per elaborare la massa di dati che hai raccolto.
Ad esempio, il CRM può registrare il fatto che tu voglia vedere il sito in inglese, che la tua valuta preferita sia l’euro, che ti piacciano di più i video delle immagini e abbia espresso una preferenza nel vedere le notizie di un particolare paese. I dati vengono conservati nella DAP che li serve al CRM quando interrogata, per rendere l’esperienza utente personalizzata e più piacevole.
Nella galassia della DAP orbitano anche sistemi di Intelligenza Artificiale in grado di anticipare i bisogni dell’utente grazie ad algoritmi che tengono conto di un lungo processo di educazione del sistema (machine learning) e sono in grado di predire comportamenti futuri dall’analisi di quelli passati.
Ci sono poi anche tutti i tool più rivolti all’essere umano, che hanno come scopo quello di rendere leggibile ed interpretabile il dato. In questo contesto, penso ad esempio a piattaforme di Business Intelligence che facilitano la creazione di reportistica, automatizzando quanti più aspetti possibili, e rendendo i dati accessibili ai decision makers dell’azienda che possono così basare su di essi le loro decisioni.
Partendo dal principio che non esistono limiti all’espansione di una DXP, esiste un tassello assolutamente indispensabile? Mentre in teoria la risposta sarebbe no, lascia che ti spieghi perché non sono d’accordo.
Se prendi 10 marketers e li metti in una stanza, penso sarebbe più facile che si accordino sull’orario migliore per pubblicare un post su un social network piuttosto che decidere se siano più importanti i dati o i contenuti. La verità è che, nel mio modo di pensare, un’azienda moderna non può creare contenuti senza avere dati, ma non può neanche raccogliere dati se non può utilizzarli per personalizzare i contenuti.
Ecco perché credo che il CMS Headless sia il cuore pulsante di una moderna DXP. Ti dirò di più, è il tool che ha reso possibile l’esistenza delle DXP come le conosciamo oggi. Riprendo l’esempio usato in precedenza per fare chiarezza sulla situazione.
Abbiamo costruito un’infrastruttura complessa, con un CRM che raccoglie dati e una DAP che, integrando vari tool, conserva e analizza i dati, restituendo al CRM le indicazioni su come creare un’esperienza personalizzata per l’utente finale. Con una miriade di CMS monolitici, sarebbe quasi impossibile costruire un ecosistema in grado di servire all’utente un’esperienza cross-platform senza soluzione di continuità (per gli appassionati di Inglese, il termine corretto è seamless, senza cuciture).
L’esigenza che le aziende sentono sempre di più è quella di unificare le properties digitali e creare un’esperienza omnichannel piacevole ed immersiva, che non mostri sostanziali differenze all’utente. Il CMS Headless nasce proprio con questo scopo; quello di diventare l’unica sorgente di contenuto che viene poi smistato su ogni diversa piattaforma, in real-time e tenendo conto dei dati raccolti ed analizzati da CRM/DAP.
Se io gestissi un portale di news, potrei raccogliere infinite informazioni sulle preferenze del mio utente, dalla lingua al tipo di medium che preferisce (legge su tablet e guarda video su mobile), dai topic a cui è più interessato ai punti della pagina in cui clicca più di frequente sui banner e le inserzioni. Con un CRM Headless, è facile adattare il contenuto in base alle statistiche raccolte; posso creare marketing test in modo molto rapido, cambiare il contenuto delle landing page del mio sito, della pagina di vendita, posso mostrare contenuto in lingue diverse o premiare un certo formato di contenuto in modo semplice ed immediato in base al comportamento dell’utente.
In breve, puoi provare ad ottimizzare il tuo contenuto con un CMS Headless, ma senza raccogliere dati. Viceversa, è poco utile avere una miriade di dati da cui poter attingere per personalizzare l’esperienza utente, ma non avere un CMS in grado di raccogliere la complessità del mondo omnichannel in cui viviamo oggi è un limite che non si può superare.
Wow, un sacco di informazioni in questo articolo. Spero ti sia servito per farti un’idea un po’ più ampia di come un’azienda possa affrontare la sfida della comunicazione omnichannel che l’utente moderno richiede. Quante altre cose si potrebbero dire su questo tema. Per riassumere, ti ho parlato di:
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